L’orso bruno M49, ribattezzato Papillon, è fuggito di nuovo dalla gabbia. La sua sete di libertà lo ha spinto ancora verso il selvaggio Trentino. Può essere pericoloso? Va abbattuto o lasciato tra i boschi?
Sembra una favola. Da una parte l’uomo e dall’altra un orso in fuga. E l’uomo, detto tra noi, non è che ci fa una bella figura. L’orso in questione, un bell’esemplare di orso bruno, battezzato M49 e poi soprannominato Papillon, è di nuovo in fuga dopo che era stato catturato e ingabbiato in una rete di ferro. Ma la sete di libertà ha vinto. Così l’altro giorno ciao zoo, ciao parco, ciao centro faunistico Casteller, a sud di Trento, e seppure col radiocollare, ecco la corsa verso una libertà ancestrale. Stavolta l’orso bruno non ha scavalcato la gabbia, ma l’ha divelta, seppure castrato, e ora è stato intercettato sul monte Marzola, circondato dai forestali dopo appena due giorni di fuga, quando la scorsa estate s’era preso una bella vacanza prima di farsi catturare il 29 aprile.
Applausi al ministro dell’ambiente Costa, che ha scritto su Facebook “ogni animale deve essere libero di vivere in base alla sua natura. Papillon ha il radiocollare e quindi rintracciabile e monitorabile facilmente: non ha mai fatto male a nessuno, solo danni materiali facilmente rimborsabili. Chiediamo che non venga rinchiuso e assolutamente non abbattuto. A presto per nuovi aggiornamenti. Intanto Papillon deve vivere!”. Mito. Anche perché, oltre ad essere una specie protetta in tutta la Ue, l’orso bruno si nutre principalmente di piante erbacee e insetti, anche se l’attacco verso gli animali dipende proprio dalla fame per via di quell’ecosistema che manca al plantigrado proprio per il processo di urbanizzazione umana.
E se da una parte il presidente della Provincia autonoma di Trento, Maurizio Fugatti, è sempre più orientato a stendere il plantigrado cresce l’idea di sparare a chi gli ha affibbiato il nome di M49. Beninteso, un proiettile soporifero.